The Gallery relocation

Fotografia frontale dell’installazione principale del progetto, dove viene rappresentato l’intero mobilio e oggetti presenti in galleria pronti per essere traslocati, con diversi riferimenti ironici al sistema dell’arte. L’installazione viene alterata dai galleristi stessi durante tutto il periodo della mostra, perché utilizzata per svolgere il proprio lavoro (sedie, PC, cataloghi, attrezzi, telefono, ecc.) La foto risulta essere un promemoria dell’installazione come si presentava al momento della sua realizzazione, e lo spettatore potrà dunque osservare i cambiamenti verificati nel tempo. Ogni installazione prevede diverse forme e composizioni che dialogano con la struttura e lo spazio della galleria. Sul tavolo di ogni installazione dovrà essere presente una foto ironica in cornice, che ritrae l’artista insieme ai galleristi con degli oggetti scelti appositamente da loro.

Questo dittico fotografico coinvolge i galleristi e li vede protagonisti insieme ad un oggetto scelto da loro per lo scatto. Stanno donando allo spettatore un pezzo della galleria? O forse sono solo intenzionati a chiedere il suo aiuto per sorreggere gli oggetti? Un gioco ironico tra artista e galleristi che induce gli spettatori ad intuire in realtà la “meta” del trasloco è la catarsi della galleria.

Le due fotografie ritraggono ciò che rimane nella galleria, pronto per essere traslocato. Solitudine e malinconia degli oggetti, sovvertono l’usuale concetto di spazio espositivo, spesso visto come contenuto dinamico e pieno di forme e colori. Tuttavia le scatole rammentano che la galleria sta metaforicamente ridefinendo i suoi spazi e traslocando le sue opere verso futuri e innovativi traguardi.

Video installazione in loop, dove l’artista entra in scena munito di nastro adesivo, pronto a chiudere l’ultima scatola presente in galleria, ed andare via dall’altro lato della stanza. Subito dopo la sua uscita, entra in scena la gallerista che si dirige verso la medesima scatola, con in mano un taglierino per aprirla e anche lei uscire di scena. Tutto sembra ripetersi all’infinito, come il movimento di un carillon (suggerito anche dalla traccia sonora scelta), dove è chiara la volontà dell’artista di voler completare il trasloco della galleria, e l’opposizione della gallerista che ha intenzione di rimanere nel suo spazio. Tutto è rosso, come il sangue trasportato all’interno di un’arteria, dove i due personaggi sono immersi e sanno entrambi che l’uno è sempre collegato all’altro per la sopravvivenza collettiva all’interno del complesso e arduo meccanismo dell’arte.